
Nel corso dei secoli tanti artisti hanno abbellito Chiese, palazzi, ville, edifici sparsi in tutto il territorio bresciano. Tra questi, uno dei più noti è Girolamo Romani, detto “Il Romanino”, nato a Brescia nel 1484 e vissuto sino al 1566. Quali sono le sue testimonianze arrivate a noi e oggi meglio conservate?
L’arte del Romanino toccò la Valle Camonica: nella Chiesa di S. Antonio a Breno, dichiarata “Monumento Nazionale”, egli affrescò il presbiterio riferendosi a un episodio del Libro di Daniele. Purtroppo solo una parte del ciclo è oggi riconoscibile. Anche nella Chiesa di Santa Maria Annunciata di Bienno il Romanino affrescò il presbiterio, con un ciclo dedicato alla Vergine Annunciata.
Il Romanino lasciò una traccia indelebile nella Chiesa di Santa Maria della Neve a Pisogne, con il suo ciclo di affreschi raffiguranti la Passione di Cristo, un’opera imponente e di richiamo michelangiolesco da molti considerata una delle più importanti dell’artista bresciano.
Formatosi a Brescia e a Venezia, il Romanino apprese molto dallo stile di Giorgione e Tiziano per poi entrare in contatto con la realtà milanese di Bramantino e Zenale. Tutte queste influenze emergono in una delle sue opere più importanti per la città di Brescia, il ciclo pittorico ad affresco “Storie di Sant’Obizio” (1526-1527), santo della Chiesa Cattolica originario della Valle Camonica che dopo lunghi pellegrinaggi trovò ospitalità nel monastero di Santa Giulia. Proprio qui, dentro e fuori la cappella a lui dedicata nella Chiesa di S. Salvatore, il Romanino dipinse le storie della sua vita.
In onore del lascito artistico del Romanino, da qualche anno in alcune zone della Valle Camonica e della provincia di Brescia si tiene il festival “I volti del Romanino. Rabbia e Fede” organizzata dall’Associazione “Cieli vibranti”, con proiezioni di film, concerti, conferenze, visite guidate e la consegna del Premio Romanino. Il giusto tributo a un artista che ha dedicato gran parte della sua vita all’esaltazione delle bellezze di Brescia e provincia.