Tra i prodotti bresciani di salumeria, la sopressa di Marone ha caratteristiche del tutto peculiari. Innanzitutto per le parti del maiale utilizzate: per realizzare questa sopressa si usano capocollo e guanciale, macinate a coltello a pezzi grossi, ma soprattutto la lingua del suino. I maiali devono inoltre pesare almeno 160 chilogrammi.
Molto interessante anche l’aspetto dell’allevamento della materia prima. Gli animali sono nutriti per il 65% con cereali, che devono essere certificati dall’allevatore come non OGM. Stesso discorso per le leguminose, come la soia.
All’impasto si aggiungono il sale e un mix di spezie: pepe, chiodi di garofano, noce moscata e cannella. Si procede poi con l’insacco a mano in budello naturale, legando stretto.
In riva al lago d’Iseo suggeriscono due modi per consumare la sopressa di Marone: bollita o cruda. Dopo 25 giorni si possono cuocere i pezzi dal peso inferiore a 700 grammi, da contornare con polenta con l’aggiunta di erba e spinaci. Dopo un riposo di 3 mesi in ambiente umido e fresco la sopressa si può invece consumare cruda, affettata come un normale salame.L’importante è che sia ben in evidenza la lingua del suino, elemento preponderante in questa preparazione.
Il Comune di Marone è attualmente impegnato nell’approvazione del disciplinare da parte del Ministero dell’Agricoltura. Il riconoscimento De.Co. consentirebbe di valorizzare ulteriormente il prodotto e coloro che lo realizzano, permettendo di promuovere questa tipicità anche fuori dal territorio di origine.